Enzo Gambelli il pittore toscano che usa materiali di riciclo per le sue opere.
Il personaggio del mese di novembre: il pittore toscano Enzo Gambelli che usa materiali di riciclo per le sue opere. L’artista di Castelnuovo Berardenga ha uno sconfinato amore per Roma ma anche per Napoli e Palermo.”Città come queste – dice – consentono di sentirti libero, anonimo e solo”
Intervista di Francesca Andruzzi di CENTRITALIA NEWS
Di ritorno da un soggiorno romano, dove dichiara di trovare molta della propria ispirazione artistica, e non solo per le bellezze che la Città eterna offre al visitatore, prima di far ritorno a Castelnuovo Berardenga, ove è nato e risiede, Enzo Gambelli, apprezzato pittore toscano, che ultimamente ha esposto ad Arezzo, con un vernissage dal titolo misterioso quanto intrigante, “Tra estetica della caducità e archeologia contemporanea”, fa tappa a Sarteano per rilasciare l’intervista dedicata alla rubrica “ Il personaggio del mese”.
D.: Non a caso lei è stato scelto come personaggio del mese di novembre, dedicato alla commemorazione dei defunti, che rappresentano il nostro passato, le nostre origini. Vuole spiegare ai nostri lettori quanto ha inciso e quanto incide il “passato” sulla sua produzione artistica?
R.: Moltissimo! Anche il titolo della mia ultima mostra lo testimonia. D’altra parte cerco sempre di esporre nei musei archeologici di ogni città. Il passato è la nostra dimensione spirituale. Le statue acefale, gli affreschi scrostati, tutto ciò che appartiene al passato mi affascina e mi dà profondità. Oggi tutto è pianificato, persino i gusti delle persone. Nel passato trovo lo spessore, il bagaglio culturale. C’è un tratto ascetico nella fatiscenza artistica. La storia perpetuatasi tramite l’arte antica ci fornisce messaggi a volte indecifrabili, ma solo perché, come diceva Einstein, usiamo il nostro cervello in una percentuale minima rispetto alle effettive potenzialità di questo nostro organo ancora sconosciuto, perfino alla scienza. E poi, non era forse Leopardi ad affermare che il vero piacere è vano?
D.: Le sue opere non sono molte. Significa che punta maggiormente sulla qualità, trascurando un poco l’aspetto, per così dire, commerciale, che comunque riguarda ogni artista che si rispetti?
R.: Guardi, De Dominicis (Gino De Dominicis, 1947 – 1998, pittore, scultore, filosofo del secondo dopoguerra, ndr) diceva di vendere le sue opere per vivere, ma se avesse potuto non le avrebbe vendute. E talvolta le ricomprava! Sì, è proprio così. E d’altra parte il vero problema di un artista non è la fama o il denaro, ma la creatività.
D.: E’ stato scritto che la sua ricerca artistica “si è sviluppata nel tempo a cicli: i fiori, i nudi, l’inquinamento ambientale e altro”. Quale predilige?
R.: Sicuramente l’inquinamento ambientale, poiché mai come ora trovo necessario porre l’accento su un problema così serio che, purtroppo, non credo sia risolvibile in assenza di un salto di qualità a livello mentale. E non solo da parte di coloro che hanno nelle mani le sorti del mondo.
D.: L’uso che fa dei materiali di riciclo, per realizzare le sue opere, è una scelta precisa. Qual è il messaggio contenuto in questa opzione?
R.: Posso risponderle che questa scelta si lega molto a quanto le ho appena detto in tema di inquinamento ambientale. Riciclare è fondamentale, non solo nell’arte. E poi il mio materiale di riciclo è già in sé un’opera d’arte. Sfigurato dal tempo, diviene una fonte di ispirazione. Io, in fondo, non faccio altro che sublimarlo. Il titolo della mia ultima mostra fa riferimento alla “archeologia contemporanea”, che può sembrare un ossimoro. Ma non è così. Io riporto sulla scena questi materiali per valorizzarne l’aspetto poetico, che è presente in loro. Lo diceva anche De André…dal letame nascono i fiori!
D.: Quando allestisce una mostra, chi è il protagonista: lei, le sue opere, il pubblico?
R.: Cerco sempre di essere in consonanza con l’ambiente che ospita le mie opere. Guttuso diceva che l’opera è realizzata per gli altri, non per se stessi. Allestire una mostra è voglia di comunicare con gli altri. Per questo penso che tutti siamo protagonisti, con una giusta interazione.
D.: Lei dichiara di credere nella reincarnazione. Saremmo sempre gli stessi, dunque, a “viaggiare” nel tempo, utilizzando un nuovo corpo in epoche differenti. Nelle sue precedenti vite, ritiene di essere sempre stato un artista?
R.: Sempre no, ma sicuramente ho avuto una preferenza per l’arte, pur avendo svolto altri lavori. Se penso alle mie vite precedenti, sento positività, quella che viene dall’arte, che ricerca la bellezza.
D.: E nella vita attuale, a che punto è del suo “viaggio”?
R.: (sorride) Penso di avere ancora parecchie vite da vivere, non fosse altro perché sono ancora…preda dei sensi! Vede, le anime, alla fine del viaggio, sono libere anche da questo tipo di condizionamenti, quindi io devo ancora viaggiare parecchio, anche se il mio essere artista mi aiuta a migliorare. Comunque posso dire di aver compreso che la vita è una palestra fatta per compiere esperienze. E anche quelle negative servono per salire ad una dimensione spirituale più alta. Il dono di amare l’arte, il dono di essere un artista aiutano ad avvicinarsi ad una dimensione spirituale contrastante quell’aspetto materialistico che oggi permea la nostra civiltà. Il consumismo imprigiona e impedisce di comprendere che possiamo godere anche di cose che non costano niente, ma valgono molto.
D.: A suo parere, la bellezza è un concetto soggettivo o oggettivo?
R.: Assolutamente soggettivo. Vede, secondo me il bello è …eversivo. Mi spiego. Ogni epoca ha avuto il suo concetto di bello. I Maya, ad esempio, intagliavano i loro denti a forma di triangolo. Le donne del Rinascimento si rasavano i capelli, per rendere la fronte più alta. Erano canoni estetici di quelle epoche, rappresentavano il bello. Oggi non verrebbero compresi, come in quelle epoche non avrebbero capito concetti di bellezza attuali.
D.: Cosa manca alla società italiana, soprattutto in questo momento di grande crisi, non solo economica?
R.: Il senso dello Stato. Dal 476 d.C., dalla caduta dell’Impero Romano per intenderci, abbiamo perso il senso dello Stato. Pensi, quindi, da quanti anni! Un bel problema ritrovarlo! E poi non sappiamo valorizzare il nostro Paese. L’italiano è individualista, anche questo non aiuta, anzi, uccide il senso di comunità, che, invece, è fondamentale per la valorizzazione e la salvaguardia del patrimonio comune. Ricorda cosa diceva Dante? “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”…non le sembra ancora attuale, a distanza di settecento anni?
D.: Chi sono i suoi amici? E come vive il sentimento amicale?
R.: I miei amici sono quasi tutti artisti. Musici, poeti…che le devo dire, con loro mi trovo meglio, sarà per la sensibilità che ci unisce. Credo nell’amicizia, ci credo molto, ma pretendo dai miei amici, perché in questo sentimento mi offro totalmente. Vede, l’amicizia per me è complicità, un concetto un poco accantonato nei tempi moderni…
D.: Crede nell’amore… per sempre?
R.: Ho qualche dubbio…ma per quanto riguarda me! Magari qualcuno riesce, è sono contento. Personalmente ho vissuto molti amori, che sono finiti quando si sono consumati, esauriti. Credo anche che incontreremo di nuovo quegli amori che tale esaurimento non hanno vissuto. Le storie incompiute, per intenderci. Negli amori con grandi differenze di età, spesso non compresi dai più, credo occorra ricercare la ragione nel fatto che uno dei due si rincarna prima rispetto all’altro.
D.: Un aggettivo per definire “la vita”, uno per definire “le donne”, uno per definire “gli uomini”, uno per definire “il lavoro”…
R.: La vita? Gradevole. Le donne? Indispensabili. Gli uomini? Utili. Il lavoro? Fondamentale.
D.: Lei ha un rapporto particolare amore con Roma, che dell’amore è l’anagramma, anche se è nato e vive in Toscana. Ma ha nel cuore anche Napoli. Può spiegare perché?
R.: Il mio amore per Roma è un fatto di vite precedenti! In gioventù ho letto Brodskij (Iosif Aleksandrovic Brodskij, 1940 – 1996, ndr), anche se la poesia conosce il limite della lingua e mi sarebbe tanto piaciuto avere la possibilità di leggere le sue poesie in lingua originale! Tuttavia, io mi sento come lui. Quando sono a Roma, mi sento a casa, è un luogo dove sento di avere già vissuto altre vite. La stratificazione tre volte millenaria di questa città mi gratifica e mi completa. E poi Napoli! Che dire di Napoli? Lascio parlare Pasolini… una nazione dentro la nazione! Vivace, straordinaria, soprattutto per un artista, come sono Roma e anche Palermo. In queste città c’è la storia in ogni angolo, che, come le dicevo prima, ci arriva anche tramite messaggi, a volte indecifrabili. E poi città come queste consentono di sentirti, come disse qualcuno, libero, anonimo e solo. Mi creda, non è poco nella ricerca di se stessi e dell’arte. In loro c’è la vita, sempre.
D.: La critica, a volte, è spietata con gli artisti e, spesso, non è in linea con i gusti del pubblico. Le è capitato di vivere questo contrasto, naturalmente con riferimento alle sue opere?
R.: Mai, almeno fino ad oggi. Io ho sempre avuto rispetto per i critici, quelli veri. Penso a Federico Zeri, ad Achille Bonito Oliva. Essi sono dentro l’arte, si calano dentro l’opera. Il pubblico può anche gratificarti, ma a volte capita che qualcuno compri un mio quadro… perché si intona con l’arredo di casa…anche questo, però, fa parte della vita.
D.: Che rapporto ha con i giovani?
R.: Guardi, io non ho preclusioni legate all’età. Penso che l’intelligenza non si studia, si nasce!….Penso anche che ai giovani di oggi, per capirci quelli dai 20 ai 25 anni, naturalmente non a tutti, non sia stato insegnato il sacrificio, quel sacrificio necessario per ottenere le cose. Ecco perché, molto spesso, essi appaiono superficiali, non danno il giusto valore alle disponibilità che le famiglie pongono a disposizione. E così non crescono. Mameli, tanto per fare un esempio, naturalmente…passato, ha composto l’inno italiano che aveva solo 21 anni! Ripeto, il benessere materiale e il consumismo anestetizzano i cervelli. Tornando all’Impero Romano, non sarà un caso se la sua caduta coincide con il rilassamento dei costumi.
D.: Se dovesse dipingere per rappresentare l’anima, che soggetto sceglierebbe?
R.: Un frammento di epoca romana.
D.: L’essere umano ha ancora una esigenza di spiritualità? E quanto l’arte, in tutte le sue forme, anche quella pittorica, può soddisfare questa esigenza?
R.: Viviamo un’epoca di abbassamento del livello di spiritualità. Il materialismo influenza le menti. Ma sono convinto che in ognuno di noi c’è una esigenza di spiritualità. E l’arte è un buon viatico per ritrovare una dimensione spirituale.
D.: La sua prossima mostra, dove e quando?
R.: A Gubbio, naturalmente presso il Museo Archeologico, dal 2 dicembre prossimo al 7 gennaio 2018.
D.: Se potesse scegliere, tra mille anni, per la sua prossima vita…come le piacerebbe reincarnarsi e dove?
R.: Intanto le dico subito che preferirei rinascere in Italia. Per quanto questo Paese mi procuri sofferenza, per quanto le dicevo prima, resta il più bello del mondo. Poi, per una questione egoistica, le dico che vorrei rinascere uomo. Essere donna è più faticoso, più pesante. Alle donne viene chiesto tanto di più dalla società, dalla vita. Ed è per questo che sono anche più intelligenti.